PAGARE LE COLPE MA VIVERE DA ESSERI UMANIAbbiamo deciso di sviluppare questo titolo analizzando una serie di tematiche:
1) Selezionare i reati
A mio avviso ogni struttura carceraria non può contenere tutti i detenuti assieme, bisognerebbe dividere i vari detenuti, ad esempio i giovani-adulti andrebbero messi divisi dagli adulti; non si può tenere tutti uniti, perché ogni detenuto commette reati specifici e non possiamo essere tutti uguali. Dovrebbero essere messi separati i reati di sangue, di mafia, camorra, dai reati comuni perché, mischiando tutti assieme, una persona che viene dentro per reato comune commesso anni prima, trovandosi a contatto con la delinquenza mafiosa, può apprendere comportamenti mafiosi e così aumentano i reati di mafia e camorra.
Io ricordo che negli anni 70 ero detenuto a Poggioreale e, malgrado fosse un istituto fatiscente, ugualmente aveva per la maggior parte tutti divisi in vari padiglioni; poi, col passare degli anni, la delinquenza è andata aumentando, ma quelle divisioni che bisognava mantenere o addirittura potenziare, sono andate perse. Oggi esiste il carcere duro, ma purtroppo queste strutture non vengono a mio avviso usate in maniera rigida, perché tanti, mafiosi e camorristi, si trovano ancora tra i detenuti comuni, e così possono ancora reclutare nuova manovalanza .
2) Assistenza ai tossicodipendenti
Per lassistenza ai tossicodipendenti bisognerebbe seguire ulteriori procedure:
- Dovrebbero esserci più operatori che effettuino la "quadratura" (analisi conoscitiva del singolo detenuto, per stabilire un percorso riabilitativo adeguato) di ogni singolo caso, per un trattamento terapeutico per il detenuto che intenda rientrare nella società come persona sana, superando tutti gli ostacoli. Assistenza e controlli più sostanziosi per riuscire in un recupero del soggetto inquadrato, rispetto allinserimento in comunità terapeutiche .
- Controllo e valutazione dei magistrati di sorveglianza competenti sul soggetto che intenda intraprendere un percorso di reinserimento, il cui caso dovrà essere analizzato senza pregiudizio.
- Strutture più adeguate e controlli medici su soggetti curati con farmaci salvavita per verificarne gli effetti collaterali, sapendo che ogni detenuto è predisposto ad esagerare, per fattori di restrizione carceraria, ad abusare di psicofarmaci durante la giornata. Perciò dovrebbero intervenire medici competenti, e spiegare quanto questo abuso possa essere dannoso .
- Spazi più ampi per rieducare il detenuto in una fase di recupero fisico, morale e psicologico, per un buon proseguimento in un istituto carcerario nuovo e più funzionale.
3) Più assistenza sanitaria
Premesso che per scrivere quanto detto devi averlo provato sulla tua pelle.La sanità carceraria è un problema per le carceri generalmente in tutti gli istituti, in quanto deve sopperire a situazioni che non sono sempre facili, perché non cè carcere attrezzato con attrezzature moderne. Le infermerie che conosco sono senza pinze, forbici etc.etc gli infermieri non si presentano sempre, e lasciano la distribuzione agli agenti in servizio. Inoltre è difficile ricevere un farmaco da casa, anche se fai domanda e te lo consegnano tramite colloquio. Il reparto infermeria è una cosa fatiscente, le celle sono indescrivibili, la sanità locale non può entrare perché altrimenti dovrebbero chiudere; sono celle per massimo due persone, e nei momenti di punta ne troviamo quattro, e con la promiscuità si possono contrarre malattie infettive.
Solo la solidarietà tra detenuti nella cella allevia i momenti difficili. Cosa si può dire degli agenti, i quali sono sottoposti agli stessi rischi di infettività, eppure passano le sigarette rimettendoci in proprio. Quando entrano in carcere, i tossicodipendenti devono stare almeno quindici giorni in infermeria per poter essere trasferiti nel loro reparto e, quando arrivano, sono senza soldi e senza sigarette, non mangiano per fumare, e per gli effetti della terapia. Per avere una visita passano almeno venti giorni, gli specialisti li incontri dopo mesi, e per una sintesi di chiusura occorrono mesi e mesi, e tutto deve coincidere con le esigenze carcerarie.Il vitto fa ammalare, minimo fa venire un ulcera perché le persone scelte per la cucina non sono specializzate, del resto tutti i lavoranti non sono mai al posto giusto. Le sole persone che sono di conforto e possono darti un poco di sollievo, sono il cappellano e i volontari, quando possono.4) Spazi per il tempo libero
Secondo noi, la struttura carceraria dovrebbe essere organizzata in questo modo:
- Più aria o almeno più socialità, celle per sezione più aperte
- Stabili più adeguati, con molti più luoghi ricreativi: campi da calcio, da tennis, da basket, palestre generiche. Ad esempio se un istituto contiene 500 persone, si dovrebbero organizzare attività per 500 persone e non per 100.
- Corsi di licenza media, di lingue estere, di computer, tutto ciò che può istruire una persona che voglia sfruttare al meglio possibile la sua permanenza, per non buttare il tempo al vento, e tutto ciò deve essere tenuto obbligatoriamente dallistituto, ma non scelto dal detenuto.
- Il detenuto deve essere cosciente e informato di chi si trova in cella; allingresso nellistituto al momento dellarresto, dovrebbe poter scegliere se stare da solo o con qualcuno.
- Il detenuto deve scontare la pena nel massimo della sua sicurezza fisica e psicologica, senza vivere nella preoccupazione di prendere malattie infettive, come scabbia etc. sapendo che queste malattie circolano in questi istituti.
- In un istituto carcerario, più svaghi ci sono meno danni psicologici ci sono (depressione, ansia, crisi didentità etc.).
- Più colloqui, non solo richiesti dal detenuto, ma obbligatori, con psicologi qualificati.
- Ogni 15 o 30 giorni bisognerebbe essere visitati da dermatologi infettivi e medici competenti, per essere sicuri di essere reinseriti in sezione, o in osservazione, finché non ci si sia curati.
5) Il reinserimento
Il problema del reinserimento del detenuto in carcere, secondo il mio personale punto di vista, non troverà mai una soluzione che possa sradicarlo definitivamente.
La prima considerazione da fare è quella che occorrerebbe, nel paradosso, entrare in una struttura nella quale tutto funziona. Lorganizzazione stabilita dalla normativa ministeriale, purtroppo, nelle carceri italiane, tolte le eccezioni, è attuata dai singoli direttori in modo personale. Il reinserimento del detenuto sicuramente non è previsto , né tantomeno auspicato dalla maggioranza della società; fuori dalle mura del carcere non si ha la cognizione esatta di quello che succede realmente allinterno. La struttura, per ottenere la soluzione del problema, dovrebbe essere attrezzata con locali adatti, adibiti a corsi di straordinaria incisività, corsi che abbiano unefficacia reale sulle prospettive future di ogni singolo detenuto. Questultimo dovrebbe essere aiutato a migliorare anche dal punto di vista culturale, dovrebbe essere supportato da iniziative lavorative atte a far nascere nella sua mente un barlume di speranza. Facevo pocanzi riferimento ai locali che una struttura carceraria dovrebbe avere, infatti un laboratorio di falegnameria, meccanica ,edilizia, o quantaltro, è il primario obiettivo che si dovrebbe raggiungere. Queste suggestive iniziative purtroppo si possono realizzare solo nelle grandi carceri, con conseguente soddisfazione della popolazione carceraria.
Il 90% vive la quotidianità carceraria in uno stato di enorme difficoltà , va da sé che il problema del reinserimento trovi oggettivi ostacoli nellessere affrontato.
Bisogna che si sappia che chi lavora nel carcere è quasi sempre un detenuto con la pena definitiva, quindi già il numero è limitato.
In un piccolo carcere, come ad esempio il nostro, si resta chiusi in cella per circa 18 ore al giorno; avendo una superficie da sfruttare di circa 6 metri quadrati in tre persone, la divisione è presto fatta: sono 2 metri quadrati per ogni singolo detenuto.
Questa difficoltà si riscontra nella stragrande maggioranza delle carceri italiane, ed è difficile pensare che il reinserimento trovi la sua attuazione.
Ci vuole senzaltro un impegno da parte del governo ad affrontare il problema in modo diverso da quello adottato fino ad ora.
Si dovranno costruire, e questo richiederà decenni, strutture organizzate secondo i criteri espressi precedentemente; solo in questo modo si potrà aiutare il detenuto a reinserirsi nella società, ma è necessario aiutare dallinizio il singolo detenuto e non aspettare la pena definitiva, e questo è un altro grande, immenso problema: la durata del processo.Autori:
Ilario Albanese, Luciano Bambino,Giovanni Marasco, Luigi Pollio.
© eda varese 2001