SI È TORNATI AI TEMPI DELL’INQUISIZIONE?

L’OPINIONE PUBBLICA SENTENZIA:

COSÌ NON SI PUÒ ANDARE AVANTI.

 

A partire dalla prima metà del 1500 in Italia venne reintrodotta l’inquisizione, già tristemente nota in Europa nel XII e XIII secolo, e ancor più famigerata in Spagna durante il 1400 con l’esponente principale identificato in TOMÀS DE TORQUEMADA, già confessore della regina Isabella.

In Italia venne definita anche "Sant’Uffizio". Questo era un Tribunale Supremo Inquisitore istituito da Papa Paolo III per combattere la nascente riforma protestante, ed in seguito la stregoneria.

Gli imputati, che potevano essere accusati da chiunque, persino con denunzie segrete, venivano citati e sottoposti a giudizio; ma in che maniera?

L’unica possibilità dell’accusato era quella di confessare le proprie colpe, anche se inesistenti, e sperare nella clemenza; difatti coloro che si ostinavano nel proclamarsi innocenti venivano torturati fisicamente nei modi più atroci inventati dall’uomo. Solo chi resisteva alle torture, ed erano pochissimi, veniva assolto, ma i più cedevano al dolore o ancor peggio morivano sotto le torture.

Al giorno d’oggi fortunatamente le torture fisiche sono scomparse dalla maggior parte dei paesi sviluppati, grazie anche alle varie organizzazioni umanitarie, tra cui la più famosa è AMNESTY INTERNATIONAL, tuttavia è rimasta quella che a mio parere è una forma di tortura più sottile, egualmente ingiusta e devastante. Cosa intendo? Voglio semplicemente fare luce su un aspetto trascurato da tutti, forse per cinismo o per comodità.

Le persone indagate in Italia vengono incarcerate molto prima di essere giudicate, passando così anche anni in carcere prima di avere un giusto processo, subendo l’abbandono degli amici, dei conoscenti e a volte persino dei congiunti.

Già, perché in Italia si è colpevoli fino a prova contraria, l’esatto opposto di ciò che sancisce l’articolo 27 della Costituzione.

L’aspetto più atroce è comunque costituito dai mass media, che preoccupandosi solo della "guerra" dell’audience, gonfiano le notizie e battono sulla grancassa della disinformazione, delineando un ‘atmosfera pesantissima ed una situazione da "far west", ma che in realtà non è niente di più di ciò che accadeva in Italia a Milano per esempio 20 o 30 anni fa.

Tutti i giorni si guardano i telegiornali, e si leggono quotidiani dove vengono messe in risalto storie di violenza o di furti, di scippi o di rapine; i cittadini giustamente si indignano e chiedono più garanzie e sicurezza, ed i politici, preoccupati solo delle poltrone, l’unica cosa che fanno è inasprire le pene ed aumentare i termini della custodia cautelare, senza trovare delle soluzioni alle carceri che scoppiano, con situazioni all’interno delle stesse altamente esplosive ed invivibili, celle progettate per due o al massimo tre detenuti ma che ne contengono invece cinque o addirittura sei, strutture fatiscenti e senza alcuna altra attività che non sia passeggiare in cortile avanti e indietro, questo quando non piove.

Io nel mio piccolo posso ritenermi molto fortunato, poichè in questa casa circondariale il rapporto con gli agenti è di reciproco rispetto, e gli assistenti fanno tutto il possibile, sia per darci una mano sia per aiutarci a crescere intellettualmente, penso però ai detenuti che non sono stati fortunati come me, e vi assicuro che sono la maggioranza di noi "REIETTI".

Non sto a sottolineare che in Italia le pene siano le più alte d’Europa, che per inciso dovrebbe essere unita anche sotto questo aspetto, ma voglio invece soffermarmi sul fatto che il carcere deve servire a rieducare, e non a distruggere ed annullare una persona. Il male purtroppo esiste, non si può far finta di niente e limitarci a nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

Citando Eraclito, il quale diceva che nulla è, ma tutto scorre, diventa, e quindi che tutto presuppone il contrario di tutto, esiste il giorno, perchè esiste la notte nella quale si trasforma, esiste la vita poiché esiste la morte, ed esistono il bene ed il male che sono una fluttuazione ora in un senso ora nell’altro, poiché in tutti noi convivono due realtà: quella buona e quella cattiva. Eraclito diceva anche che chi ha compreso la necessità di tutti i contrari sopporterà la sofferenza come l’inevitabile alternativa al piacere, e perdonerà al nemico riconoscendovi il completamento di se stesso.

Certo queste sono affermazioni filosofiche, e possono anche essere prese per paradossi, ma dico queste non per giustificare chi commette reati, ma per meglio comprendere la natura umana e la società in cui viviamo.

L’uomo per natura è portato a commettere errori, lo ha sempre fatto fin dai tempi di Adamo ed Eva con la mela, dobbiamo imparare a perdonare, è inutile condannare per l’eternità, perché si può cambiare, con adeguati supporti, sia didattici che spirituali, ed anche con un’adeguata formazione professionale. Sì, perché la maggior parte della popolazione carceraria è costituita da persone che non hanno potuto studiare o non hanno potuto imparare un "mestiere", qui è pieno di persone disperate che non sanno più a che santo votarsi.

Quello che mi preme far capire, è che non serve condannare per esempio chi viene sorpreso con una decina di grammi di cocaina a 7/8 anni di carcere, o un incensurato che con grossi problemi economici ed una famiglia da mantenere, si trova all’improvviso a commettere una rapina, è assurdo condannarlo a 5/6 anni. In questo modo gli si toglie ogni speranza per il futuro, ogni motivo di esistere e, abbandonato a se stesso, quando rivedrà la libertà l’unica alternativa sarà quella di tornare a delinquere, sì perché nel frattempo avrà frequentato "L’UNIVERSITÀ" del crimine.

Non voglio con queste righe dire che non bisogna punire i colpevoli, solo bisognerebbe capire i perché di certe scelte ed aiutare concretamente chi dimostra di meritarlo, aiutandolo a trovare un’occupazione, permettendogli di coltivare le proprie affettività in maniera adeguata, e vigilando sul suo comportamento, in modo che chi voglia ricominciare una vita onesta possa farlo.

È giusto che uno paghi per i propri errori, ma bisogna anche dargli una speranza per il futuro, una via d’uscita, la possibilità di rifarsi una vita; ma ciò non è possibile quando si viene spogliati della propria dignità e della speranza per il domani.

VARESE 19/04/2001
ANTONIO NAPOLITANO

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