.Storieinrete

Ho trentacinque anni e in questo momento sto guardando una fotografia che ricorda la mia infanzia: vedo un dipinto venezuelano con tanti uccelli colorati e alberi di cocco dietro a me e ai miei fratelli.

Sono nata a Maracaibo (Venezuela), un’immensa citt affacciata sul mare, il 22 aprile 1966, seconda di sette fratelli; mia madre Elvia faceva la casalinga e mio padre era contabile all’universit.

Entrambi i miei genitori sono venezuelani, ma mentre la mia mamma "indio", mio padre un creolo e io conservo entrambe le loro culture.

All’et di sei anni mi piaceva andare dalla mia nonna materna, che abitava alla Villa del Rosario, che dista sei chilometri da Maracaibo. Era interessante andare dalla mia nonna per lo spazio che c’era, incantevole, pieno di molto verde e tanti alberi da frutta; per prendere l’acqua c’era un pozzo con il secchio e per la luce lampade a gas.

Tutto questo m’interessava e m’incuriosiva; c’erano dei piccoli fiumi dove tutti i bambini dopo aver lavorato a casa andavano a giocare, e io andavo con loro.

Gli alberi erano le nostre altalene, e i bambini si costruivano fionde e archi per far finta di andare a caccia. Gli animali preferiti nostri erano iguana, serpenti, rospi, armadilli e io mi divertivo un mondo.

Dopo tutto questo si tornava a casa e ci arrampicavamo sugli alberi da frutta (manghi, papaye, tamarindi, cocco, banani…). Naturalmente mangiavamo la frutta di questi alberi e poi, non soddisfatti, mangiavamo anche anguria e melone.

Aiutavamo i nonni a raccogliere la yucca (una radice che si mangia come le patate) e a pulirla per venderla al mercato e con la nonna facevamo anche il chinchorro, una specie di amaca fatta artigianalmente con fili di cotone colorati. Poi si andava al pozzo a prendere l’acqua per lavarci a secchiate e questo ci divertiva molto.

Le mie vacanze duravano tre mesi e poi tornavo a Maracaibo, a casa dei miei genitori, a studiare. Si andava a scuola tutti in uniforme, anche alle superiori. Dalla scuola elementare, che dura sei anni, si passa direttamente alle superiori e da l, a sedici anni si pu andare all’universit.

La mia casa era in stile coloniale, ma invece che bianca era gialla e blu e si notava molto; era tutta circondata da alberi di mango, che in quel gran caldo facevano ombra e rinfrescavano. Giocavo con i miei fratelli, soprattutto con Alveniz, minore di me di un anno.I nostri giochi preferiti erano il monopattino (lo costruivamo noi, con due assi di legno, rotelle e fil di ferro) e le biglie di vetro; il nostro campo da gioco era la strada, dove ci trovavamo con altri ragazzi.

Si cenava alle sei, perch l le giornate sono corte e la luce se ne va presto. Alle otto-otto e mezza si andava a dormire, per alzarsi presto la mattina e essere a scuola alle sette.

La domenica si andava al mare a fare il pic-nic e a fare una nuotata sotto gli alberi di cocco.

A quindici anni sono andata a studiare dalla nonna, a Villa del Rosario, e l, andando a scuola, ho incontrato un ragazzo italiano che poi diventato mio marito.

A diciassette anni ho avuto la mia prima figlia, Noemi, e quando aveva due anni ci siamo trasferiti in Italia.

Siamo arrivati in un giorno d’inverno, c’era un freddo pungente che non avevo mai immaginato e io avevo vestiti leggeri.

Le mie prime impressioni sono state negative, perch c’era un gran freddo, la nebbia, alberi spelacchiati…. Era tutto pi piccolo, specialmente le strade, gli spazi, le case. Con grande sollievo poi ho scoperto che c’erano le stagioni e la primavera, l’estate e l’autunno, ed ho imparato ad apprezzare anche l’inverno.

La casa di mio marito per fortuna aveva un bel giardino pieno di fiori e c’era anche un banano, che per in questo clima non faceva frutti.

L’anno dopo il mio arrivo in Italia nata Diana, che ora ha quindici anni e questo mi ha aiutato ad affrontare meglio le difficolt.

Il tempo passato e ora mi sono abituata a questo paese, dove ho incontrato un’altra cultura, che mi ha dato una maggiore apertura.

Lorena Suarez

Torna all'inizio della pagina



eda varese ft