.Storieinrete

In punta di piedi vorrei, con fantasia, raccontare alcuni episodi della mia vita.
Mi presento, sono
Angelina Fantin, sono nata quarantotto anni fa a Vedelago, in provincia di Treviso.
In casa eravamo all’epoca in otto persone: i nonni paterni , mamma, pap, un fratello ed una sorella pi grandi di me ed uno zio, fratello di pap. Era la tipica famiglia contadina, che lavorava terreni di propriet loro con qualche capo di bestiame e fino agli anni sessanta circa potevano ancora vivere. Poi, non so come, mio padre, e dico mio padre perch mamma non avrebbe mai preso una decisione cosi importante (non nel suo carattere) decise di emigrare, forse aiutato da uno zio che gi era qui a Varese, perch la terra non poteva pi sfamare tutte quelle bocche. In me sono rimasti come dei fotogrammi nella mente. In particolare ricordo che, in casa , si era quasi autonomi, il pane lo facevamo noi, il vino anche, poi avevamo i maiali , le mucche, i polli, il frutteto ed anche l’orto, quindi non c’era il bisogno di andare come ora a fare la spesa. Le uniche cose che si acquistavano erano il sale e qualche altro oggetto di merceria; mamma ci cuciva lei gli abiti. Dato che abitavamo in campagna, come ho appena descritto, ci muovevamo non in taxi, ma con un carretto trainato da un’asina, che quando aveva voglia ci alleggeriva il viaggio, altrimenti erano guai, dato che distavamo dal paese alcuni chilometri. La casa naturalmente non era riscaldata, per poter godere un po’ di tepore la sera d’inverno era abitudine andare in stalla dove le mucche, col loro respiro, scaldavano l’ambiente e, mentre noi bambini giocavamo, la nonna e la mamma cucivano, gli uomini facevano compagnia magari recitando il rosario, cantando, parlando. Nel frattempo la mia famiglia non era pi composta come nella foto alla quale mi ispiro, era nato mio fratello, perci lo spazio diminuiva sempre pi. Gran parte di quella casa non era occupata da noi, ma dagli animali, come la stalla, il fienile, il granaio e la cantina. Di quella casa mi piaceva molto il cortile grande che aveva, con le galline che razzolavano; il cane era legato e al centro di quello spazio troneggiava la pompa per l’acqua potabile, era un pregio averla. Una cosa che ricordo con affetto sono le sere d’estate, quando il nonno si sedeva fuori casa fumando la pipa e mi prendeva in braccio coccolandomi. Crescendo, noi ragazzi qualche volta uscivamo dal nostro cortile e giravamo in bicicletta, ma era anche pericoloso perch c’erano dei corsi d’acqua che servivano per irrigare i campi. Altre volte ci portavano in campagna; mentre i grandi lavoravano noi bambini giocavamo. Io sono sempre stata molto vivace, quando non potevo fare altro, anche con le sedie me la prendevo, le facevo trotterellare, mi sembra ancora di sentire mamma che diceva "Possibile che non puoi stare ferma!"….
Crescendo mi fu affibbiato anche un soprannome che non ritenni minimamente offensivo, in dialetto lombardo (ai tempi lo si parlava anche noi ragazzi), mi chiamavano "Saltamartin", significava cavalletta e io ne ero fiera, ancora oggi mi fa simpatia, ce ne sono cos poche.
Mi chiedo spesso se erano i miei occhi da bambina che vedevano e non capivano, oppure era tutto vero. Mi spiego: quando ci siamo trasferiti io avevo sei anni; secondo me dove eravamo prima eravamo pi felici, io ricordo che c'era sempre un clima sereno, pap cantava spesso, la domenica mattina c'era il rito della bicicletta, vale a dire che lui la puliva sempre, la controllava tutta prima di andare a Messa.
Anche la nonna contribuiva molto, essendo un tipo burlone suscitava allegria con i suoi scherzi; ora mi viene in mente un particolare.
Ai tempi, quando si decideva che era ora di pesarsi, ovviamente non esisteva la bilancia, cos si usava, penso, la stadera ed i miei nonni andavano dai nostri vicini per controllare il loro peso.
Forse era un modo per ritrovarsi, per passare un'ora in compagnia, e nonna cosa faceva per sembrare pi grassa? ( era sinonimo di agiatezza). Si legava in vita delle catene di ferro pesanti; questo bastava per far ridere tutti quando lo scoprivano.
Anche se lavoravano dall'alba al tramonto ed era un lavoro pesante, era comunque sano, e mentre ne parlo mi d tanta serenit. Nonno invece non parlava molto, di lui ricordo che mi dicevano che, quand’era pi giovane, insegnava il catechismo in parrocchia. Io lo vedevo buono, tranquillo,dei due penso fosse nonna a comandare. Con noi c’era anche zio Giovanni; non lavorava la terra lui, era falegname, ed era anche scapolo, posso solo dire che la nonna lo viziava, aveva per lui pi attenzioni. Mamma in quella casa era la nuora, vale a dire che "dipendeva" dalla nonna, ma era normale a quei tempi; inoltre aveva anche delle facilitazioni. Ad esempio, quando la mamma andava in campagna a lavorare la nonna badava a noi, tant’ che io ho capito poi con gli anni chi era la mia mamma. A me successo ci che ho visto in un documentario televisivo: quando nasce una covata di pulcini, se vengono affiancati a delle oche, questi le seguono come se fossero le loro madri. Quando io svelai questa cosa a mamma lei si meravigli, non le sembrava possibile. Ma devo anche dire che mamma ci lasciava volentieri con la nonna, dato che lei aveva iniziato giovanissima ad occuparsi di suo fratello. Infatti la nonna materna mor all’improvviso per la tonsillite (allora non esistevano gli antibiotici) lasciando lo zio Brando, di appena quaranta giorni. Essendo lei la pi grande (aveva diciassette anni) dovette occuparsene; questa esperienza le lasci un segno profondo, insieme alla miseria ed al dolore. Quando si spos le sembrava un lusso che fosse qualcun altro a fare da madre al posto suo. Come ho gi detto, nel luglio del '58 nacque mio fratello Claudio, ed a novembre, per San Martino, organizzarono il trasloco. Ricordo che facemmo il viaggio con un camion ed eravamo in sei: pap con l’autista stava nella cabina, noi bambini con mamma nel cassone, in compagnia di galline ed anche della mucca e delle quattro cose che possedevamo. I primi tempi furono veramente duri. Il pap non aveva ancora un lavoro, la mamma a casa si occupava di noi e della casa, della stalla, e per dirla tutta non fu facile per pap, anche se era una roccia, accettare il lavoro in fabbrica. Diceva:" E’ assurdo che solo perch suona una sirena, io debba correre, lavorerei il doppio a casa!"
Ma i soldi servivano eccome. Cos pian piano dovette abituarsi a quel ritmo cos diverso per lui, a cambiare quelle che erano state fino ad allora le sue abitudini. Aveva quarant’anni e di colpo la sua vita fu stravolta. Non era come ora, specie nel lavoro si parlava tanto di lavoro temporaneo. Ai tempi, se nascevi in una famiglia di contadini, il tuo destino era di fare il contadino. Per fortuna arrivarono gli anni sessanta e, nonostante non ci fossero tutti i media di ora, le voci correvano. Una cosa mi raccontarono i miei: quando noi arrivammo in Lombardia non fummo accettati tanto bene; i nostri nuovi paesani erano tutti proprietari di casa e terreni ma, quando videro l’impegno, il sacrificio e la seriet dei nuovi residenti, ebbero la sensazione di sentirsi "privare" di qualcosa di loro.Quante cose sono cambiate da allora: noi all’inizio avevamo il problema col dialetto, che era molto parlato in quegli anni. Ora non sai mai, quando ti incontri con qualcuno, se parla italiano o uno straniero. Per me non e non sar mai un problema, anzi, mi piace conoscere altre culture, sempre un arricchimento.

 Angela Fantin

 

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