Piccola storia di un immigrato

 Il Marocco, che è il mio paese d’origine, fa parte del mondo arabo, è la porta dell’Africa verso l’Europa. Sin dall’ adolescenza ero molto attirato dall’occidente, come tutti i ragazzi della mia età. L’occidente per noi era la Francia, che comunque è un’ idea coloniale, e con il passare del tempo ho avuto la  fortuna, o sfortuna, di immigrare in Europa, il continente dei miei sogni. Al mio arrivo in Italia, ho scoperto che avevo un’ idea sull’occidente totalmente sbagliata: l’Europa della vita bella, ricca, migliore e facile. Ma credetemi, al mio arrivo nella città di Genova, mi scontrai con la realtà  di  dover badare a me stesso a tutti gli effetti. Avevo due scelte davanti a me: tornare indietro e provare una grande vergogna davanti ai miei amici, oppure andare avanti, cercare lavoro e  costruirmi una nuova vita. A quel punto ho scelto la seconda strada, anche se non avevo mai lavorato in vita mia. Francamente la voglia di tornare a casa era più forte: là c’era tutto pronto e non avevo nessuna responsabilità, tranne quella di andare a scuola. Quindi mi diedi da fare cercando un lavoro e tutto il resto. Con il passare del tempo capii cosa volesse dire essere responsabile e avere delle responsabilità.
Ma la peggiore cosa che ho incontrato in questo bel paese è la fama dei marocchini : marocchino vuol dire un essere sporco, ignorante.. ma non è solo colpa degli italiani, ma anche dei miei connazionali, che per fare i soldi fanno di tutto: lavare i vetri ai semafori, fare i “vù comprà”. La maggioranza dei miei connazionali sono analfabeti e non sanno cosa vuol dire onorare il paese. Ma per fortuna questa fama sta scomparendo pian piano e tantissimi lavorano in regola nelle fabbriche e hanno una vita più stabile con le loro famiglie e tantissimi bambini vanno a scuola. C’è anche una sorta di razzismo, ma soprattutto da parte della popolazione italiana con bassi livelli di vita ed istruzione, perché vedono nello straniero la persona che  ruba loro il posto di lavoro.

Il problema mio più grande è quando vado in visita al mio paese d’origine, perché mi sento straniero e lì sento la nostalgia verso la mia “seconda  patria”. Non capisco più nulla e mi chiedo a quale dei due paesi appartengo. Non ho però perso i contatti col Marocco, dove mi reco ogni volta che gli impegni di lavoro me lo permettono. Nel mese d’agosto del 2002, mi ero recato in Marocco per passare le ferie e far visita alla mia famiglia; dopo un po’ di giorni andai in visita a mio fratello maggiore, che abita in un’altra città, El Mohammadia, sull’ Oceano Atlantico. Egli era stato invitato a una festa di matrimonio nella città di Fes, da parte di mia cugina, e mi propose di andare con lui e sua moglie. Alla festa ho incontrato i miei cugini, che non vedevo da bel po’ di tempo. Fes è una città imperiale,  la  più antica del Marocco, piena di storia e di tradizione; in effetti le feste di matrimonio più belle del paese si svolgono proprio in quella città.  Da noi le feste iniziano alle prime ore pomeridiane e durano fino alle prime ore del giorno successivo, da altre parti durano anche due o tre giorni. Finita la festa, mio zio ci invitò a casa sua per riposare, non esitammo ad accettare il suo invito. Alcuni giorni dopo, feci un viaggio con mio fratello a Marrakech; strada facendo  parlammo di tante cose e tra queste  anche di Kaoutar, la figlia di mia cugina, che mio fratello mi  propose di sposare. Da noi è concesso di sposarsi tra cugini, e la stragrande maggioranza dei  matrimoni nel mio paese sono combinati. Siccome Kaoutar si trovava ad Agadir per uno stage di cuoca presso un albergo, e noi ci trovavamo a Marrakech, a quasi due ore di viaggio, e mio fratello  continuava a parlarmi di lei durante tutto il nostro soggiorno a Marrakech, alla fine mi convinse ad andarla a trovare. La sua famiglia abita a Casablanca, dovevamo prima chiedere a sua mamma il permesso per andarla a trovare, per rispetto verso di loro e per seguire la tradizione. La  sua risposta fu  positiva: al nostro arrivo ad Agadir, mio fratello la chiamò via telefono per informarla del nostro arrivo; io non l’avevo mai vista in vita mia!! L’ora dell’appuntamento era per il giorno seguente in un caffè; nell’attesa del suo arrivo, mio fratello cominciò a prendermi in giro: ogni ragazza che entrava nel locale mi diceva che era lei, di prepararmi… Al suo arrivo, mio fratello trovò una scusa per andare via, così ci avrebbe lasciati da soli. Nel parlare con lei, la guardavo in modo particolare, studiavo tutti i suoi movimenti, il suo modo di parlare, e dentro di me la sognavo  come la donna della mia vita, e mi chiedevo:” Ma sto facendo la cosa giusta?  Cosa sta pensando lei su di me?”  Lei era talmente semplice, bella, timida, ma nello stesso tempo sicura di quello che diceva e voleva, che mi incantò. Ognuno di noi spiegò all’altro le sue esigenze, e descrisse brevemente la sua vita, in  tal modo riuscimmo a trovare, discutendo, dei punti d’ incontro.

 La nostra conversazione era stata  breve, perché dovevamo rientrare a casa, e lei doveva andare al lavoro. Mi convinsi, dopo averla conosciuta e vista, che fosse  la donna che faceva per me, da noi si usa così: la vedi, ti piace, ti presenti alla sua famiglia per chiedere la sua mano, l’amore viene dopo. Come si dice: “Prima mi sposi, poi ti amerò.” La tradizione e la cultura di un popolo vanno rispettate, e così era  accaduto. La mia famiglia aveva parlato con la famiglia di Kaoutar, e aveva fissato il giorno in cui si sarebbe presentata ufficialmente a chiedere la sua  mano  per conto mio, ma prima del giorno stabilito andai a parlare con suo padre in privato per farmi conoscere da lui, che, pur essendo il cugino di mia mamma, non avevo mai visto né conosciuto prima. La madre di Kaoutar è  mia cugina, nipote di mia mamma, e dall’infanzia non l’avevo più vista. Il giorno stabilito dalle nostre famiglie era una sera di domenica, lo stesso giorno nel quale Kaoutar aveva fatto rientro a casa dopo aver finito il suo stage. Da noi si festeggiano due riti: Il fidanzamento e il matrimonio. Il fidanzamento, infatti, come avviene nei paesi arabi e in altri paesi del mondo, è la promessa, che i genitori di un ragazzo e una ragazza si fanno, di unirli un giorno in matrimonio. Il fidanzamento può essere più o meno ufficiale, più o meno garantito con doni e cauzioni, ma può essere anche sciolto e finire. Il fidanzamento era diventato ufficiale, il giorno dopo andai a trovare Kaoutar per parlare con lei e salutarla, ormai non mi restava che rientrare in Italia per riprendere il lavoro. Le nostre famiglie si erano date appuntamento per la festa di matrimonio per l’anno dopo, anche perché i preparativi durano mesi: si confezionano vestiti tradizionali e si stanziano somme per i ricevimenti, si cerca insomma di superarsi vicendevolmente nello sfarzo e nella qualità e quantità dei cibi al banchetto. Al mio rientro a Milano, dove vivevo, mi presentai al lavoro, chiarendo con il  mio capo il fatto che non avrei più potuto lavorare “in nero” perché la mia intenzione era  quella di ottenere il ricongiungimento famigliare  con Kaoutar dopo il nostro matrimonio. Lui  era  d’accordo e mi fece gli auguri. Il 29 Ottobre 2003, purtroppo,  fui arrestato e accompagnato in carcere, per dei reati che avevo commesso tempo prima: fu il giorno più brutto della mia vita, non sapevo più cosa fare. 

 Tra  i detenuti ognuno diceva la sua, ed i consigli erano tanti e diversi. Giorni dopo scrissi una lettera alla mia famiglia e anche a Kaoutar per informarli di questo fatto. Lei all’inizio mi rispose e mi consolò, ma ad un certo punto non ho più avuto risposta alle mie lettere. Ormai pensavo che, dopo averla informata della mia condanna, il nostro sogno fosse svanito nel nulla.  Tante volte ho iniziato a scriverle delle lettere, poi le strappavo, pensando a tutte quelle parole che Kaoutar mi aveva scritto. Ma forse aveva  smesso di farlo perché non vedeva più con me un futuro sicuro. Ma  non è colpa sua, è  la società che ci condanna e ci isola, noi detenuti. Pensando a tutto ciò, mi sono pentito  di quello che avevo fatto fuori legge. Adesso sto pagando con i giorni della mia vita, tempo perduto nel nulla. Così ho festeggiato anch’io, solo nelle mie fantasie, la cerimonia dei miei sogni con la ragazza che avevo scelto. Il matrimonio in Marocco è un rito molto importante, è il sogno di ogni ragazza e ragazzo, da realizzare nel corso della sua vita. Per i maschi, tre sono le feste più importanti: la circoncisione, il fidanzamento e il matrimonio. Per le femmine solo gli ultimi due, ma devono arrivare al matrimonio vergini, è un grande onore per loro e le loro famiglie, è un modo per dire agli altri che nessuno le ha mai toccate prima del marito, e per provare a tutti che sono ragazze perbene. In caso contrario il matrimonio può essere sciolto. Come si sa, la stragrande  maggioranza dei matrimoni sono combinati. Le mamme dei maschi cercano il meglio per i loro figli, considerano la condizione sociale e famigliare della ragazza, cosa è capace di fare, soprattutto se sa  cucinare: una donna che non sa cucinare non vale nulla. In passato il marito non vedeva sua moglie fino al giorno del matrimonio, fino al momento nel quale entrava nella camera nuziale per deflorarla ed esporre fuori dalla camera il lenzuolo bianco sporco di sangue. Poi la festa continuava e i famigliari della sposa  lo mostravano a tutti, orgogliosi del fatto accaduto, mentre lo sposo usciva dalla stanza a testa alta, e tutti gli facevano i complimenti. Per fortuna ai giorni nostri il ragazzo può vedere la ragazza, uscire con lei prima del matrimonio e discutere con lei, e possono rifiutarsi entrambi di sposarsi se non si piacciono, ma il resto è quasi uguale a prima.

                                                                                    

  Mohamed Bayouda. 


© eda varese 2004